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Acquisto di immobile, poi demolito e riedificato: criteri di tassazione - Studio Legale Di Pede

Acquisto di immobile, poi demolito e riedificato: criteri di tassazione

Commento a sentenza della CTP di Bari, n. 74/2021 del 24 settembre 2020.

I giudici della CTP di Bari, nella sentenza in commento, affrontano la questione del criterio di tassazione utilizzabile nel caso di vendita di un fabbricato, che, in un momento successivo, viene demolito, per poi essere riedificato sulla stessa area. 

In particolare, nel caso sottoposto all’attenzione della Commissione, la contribuente, dopo un anno dall’acquisto dell’immobile, presentava variante alla DIA per demolire e ricostruire quell’immobile, conseguendo il diritto all’edificazione di una volumetria di mc. 1.951,24, leggermente superiore a quella preesistente di mc. 1.400,00 circa. Sulla base di tale circostanza, l’Ufficio emetteva l’avviso di accertamento impugnato, ritenendo che con l’atto di cessione del fabbricato fosse stata realizzata una plusvalenza imponibile, non dichiarata in sede di compravendita. 

Il comportamento della contribuente, successivo alla stipula, sarebbe, secondo l’Ufficio, espressione della reale intenzione delle parti contraenti, e proverebbe, ex art. 1362 c.c., che l’oggetto dell’acquisizione non era tanto il fabbricato esistente, bensì la potenzialità edificatoria dell’area sottostante.  In primo luogo, occorre osservare che l’art. 1362 del Codice civile, norma di apertura del capo IV in materia di interpretazione dei contratti, è una norma di carattere privatistico come si desume dalla sua collocazione sistematica nel codice civile e dal riferimento alla ‘comune intenzione delle parti’, che comporta la sua inapplicabilità oltre l’ambito dei rapporti reciproci tra i contraenti.  In secondo luogo, appare più calzante per la fattispecie in oggetto, nonostante il silenzio dell’Amministrazione, il riferimento all’art. 20 del DPR 131/1986, in base al quale: “l’imposta di registro è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente” e continua, specificando, la l. 205/2015, “sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”. 

Ebbene, applicando tale criterio al caso sottoposto all’attenzione della CTP, il divieto di ricorso ad elementi extratestuali escluderebbe la legittimità dell’interpretazione fornita dall’AdE, che non fa mai riferimento ad elementi intrinsechi all’atto stesso, bensì alla sola variante DIA presentata dall’acquirente a notevole distanza di tempo dall’acquisto. Attribuire rilievo ad un procedimento non ancora formalizzato significherebbe considerare rilevante ai fini dell’imponibilità un mero atto prodromico, ancora incerto e comunque tardivo rispetto alla compravendita che è il solo elemento di carattere oggettivo a disposizione dell’Ufficio, dal quale emerge che le parti si erano sempre e solamente riferite all’immobile nello stato di diritto e di fatto esistente, e mai all’area edificabile; inoltre, il prezzo pattuito per la cessione è stato ritenuto perfettamente in linea con quello indicato dalle parti sulla base di una consulenza tecnica richiesta dalla Commissione stessa. 

Alla luce delle diverse perplessità evidenziate, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari, favorevole per la contribuente, non può che essere condivisa. La motivazione coglie nel segno laddove attribuisce rilevanza, per un verso, alla circostanza che il contratto aveva ad oggetto la cessione di un fabbricato (valorizzando, quindi, la comune intenzione delle parti espressa in sede di compravendita); per altro verso, al fatto che lo sfruttamento della potenzialità edificatoria richiamata dall’Ufficio per giustificare il recupero a tassazione era condizione futura e comunque fondata su elementi esterni al contratto stesso. 

La pronuncia, del resto, è in linea con l’orientamento ormai dominante in materia ed è stato di recente confermato dalla Corte di Cassazione, la  quale ha affermato che l’oggetto del contratto risultante dall’atto di compravendita non può essere mutuato sulla base di elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti e la cui realizzazione dipende da un atto (demolizione) futuro rispetto al momento della tassazione e rimesso alla potestà di soggetto diverso da quello interessato all’imposizione fiscale (Cass. n.4361/2017).

Non resta, pertanto, che imparare dalla retorica romana: “In claris non fit interpretatio!”. 

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