Sul regime fiscale dei canoni locativi non percepiti

Commento a sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari, n. 2752/2019 del 9 luglio 2020.

La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 2752/2019 affronta la controversa questione relativa alla tassabilità dei redditi dei fabbricati locati i cui canoni non siano stati percepiti per morosità del conduttore.

Nel caso in oggetto, l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Bari, a seguito di segnalazione del Centro Operativo di Pescara, contestava alla ricorrente la mancata indicazione nella dichiarazione fiscale per l’anno d’imposta 2014, dei canoni di locazione afferenti al 2013, da essa mai percepiti a causa dell’inadempimento del locatario, la cui mancata corresponsione era stata già denunciata e risolta favorevolmente dai giudici della CTP di Bari con sentenza n. 1545/2019.

Investita della questione, la Commissione riprende l’iter logico-argomentativo della celebre sentenza n. 362/2000 della Corte Costituzionale, che, intervenuta sulle norme contenute nel Testo Unico delle imposte sui redditi (DPR 917/86), sanciva la non rilevanza dell’effettiva percezione del canone, assumendo quale base imponibile l’importo del canone convenuto in astratto anche quando lo stesso non sia stato effettivamente percepito dal locatore.

Tuttavia, tale argomentazione interpretativa a cui si accosta l’Ade, appare univoca solo in prima facie, poiché, necessita di un contratto di locazione ancora in auge.

Invero, la Commissione rileva che: “poiché il rapporto tra conduttore e locatore è regolato dal contratto di locazione, laddove il contratto cessi per una causa di risoluzione tra cui l’inadempimento, non verrà più a considerarsi il canone quale reddito fondiario cui applicare la tassazione”. 

Nel caso di specie, il contratto di locazione si era risolto nei primi mesi del 2013 in virtù dell’operatività della clausola risolutiva espressa inserita dalle parti contraenti di comune accordo, come emerge dalla probante dichiarazione prodotta dalla parte ricorrente (intimazione di sfratto per morosità, ordinanza di rilascio dell’immobile emessa dal Tribunale di Bari e verbale di rilascio dell’immobile debitamente controfirmato).

Pertanto, la Commissione, riconoscendo la morosità del conduttore e la conseguente risoluzione del contratto, ha ritenuto non legittima la ripresa a tassazione operata dall’Agenzia delle Entrate dei canoni di locazione non percepiti, in ottemperanza al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione.

In tal modo, la sentenza in commento supera e respinge in toto le eccezioni dell’Ufficio, cristallizzando una regola di civiltà: evitare di esporre il contribuente al pagamento di imposte sui redditi che si possono fondatamente ritenere non riscuotibili.

Accogliere questa prospettiva significa, ad avviso di chi scrive, privilegiare la coerenza interna del tributo stesso nella consequenzialità logica tra presupposto e base imponibile, senza ledere l’interesse fiscale dello Stato, atteso che il rapporto sinallagmatico cessi in presenza di una causa di risoluzione del contratto che renda non più praticabile la tassabilità del reddito locativo.

Concludendo, appare indubitabile che l’intervenuta risoluzione del contratto impedisca all’ente impositore di configurare il mancato pagamento del canone ai fini dell’imposta reddituale.

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