Antieconomicità dei costi dell’impresa e principio di non contestazione: limiti ai poteri del Fisco.

Antieconomicità dei costi dell’impresa e principio di non contestazione: limiti ai poteri del Fisco.

Commento a sentenza n.110/2021, depositata il 6.5.2021, della CTR Basilicata.

La sentenza n.110/2021 della CTR Basilicata in esame riguarda una vicenda assai significativa in materia di antieconomicità dei costi dell’impresa e di principio di non contestazione, temi che assumono una crescente rilevanza nell’attuale panorama fiscale. 

Nel caso in oggetto, l’Ufficio proponeva appello avverso la sentenza della CTP di Matera con cui era stato accolto il ricorso proposto dal contribuente, che aveva ritenuto legittimamente dedotti i costi (in species, spese attinenti i generi alimentari per regalie natalizie) poiché reputati inerenti all’attività di impresa, come precisato anche con circolare dell’Agenzia delle Entrate n.34/E del 13.07.2009: “sono inerenti, sempre che sostenute e documentate, le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore”. 

Quello dell’antieconomicità è un concetto giuridico strettamente connesso al principio di inerenza, sviluppato dall’A.f. quale strumento ausiliario per contrastare la veridicità di operazioni economiche manifestamente simulate o inverosimili e, quindi, non inerenti all’attività d’impresa. La giurisprudenza, sebbene abbia riconosciuto l’utilità del concetto di antieconomicità al fine di valutare l’inerenza di determinati costi rispetto all’attività d’impresa svolta dalla società, si è mostrata contraria ad un suo utilizzo eccessivamente ampio, tale da esporre il contribuente a sindacati di merito puramente discrezionali sulle scelte gestionali da questo perseguite. 

In tale prospettiva, evidenziano i giudici d’appello, riprendendo l’Ordinanza n.21402/2017 della Corte di Cass.: “l’opportunità di un costo non può essere sindacata dall’Amministrazione finanziaria, in quanto si tratta di scelte che riguardano la strategia commerciale e sono, dunque, riservate al giudizio esclusivo dell’imprenditore”. Nel caso di specie, inoltre, le argomentazioni dell’Ufficio sono state ritenute puramente assertive e non hanno tenuto conto del fatturato e delle dimensioni dell’impresa: le spese sostenute dal contribuente erano inerenti, in quanto aventi ad oggetto generi alimentari per regalie natalizie, come comprovato anche dalle fatture ricadenti nel periodo delle festività e dalle stesse quantità numeriche dei singoli prodotti, in numero tale non essere riferibile alle singole esigenze della famiglia del contribuente.

I giudici affermano, dunque, il principio generale per il quale la strategia commerciale adottata dall’imprenditore, espressa dai costi sostenuti nell’esercizio della propria attività, rappresenta un nucleo valutativo non sindacabile da parte dell’A.f. 

Da ultimo, l’A.f. non ha neppure contestato le schede contabili afferenti alle sopravvenienze passive prodotte nel giudizio di primo grado, che, dunque, rappresentano valida documentazione probatoria. Il giudice d’appello, prendendo le mosse dalla delineazione concettuale del principio di non contestazione, riconosciuto espressamente dal legislatore nel novellato primo comma dell’art.115 c.p.c., afferma così la piena operatività dello stesso nella dinamica processuale tributaria: il fatto, quando non contestato, deve essere inteso come dimostrato, senza necessità che sullo stesso venga svolta attività probatoria.

Da principio generale che informa il sistema processuale civile, il principio di non contestazione risulta ora applicabile in ogni processo ispirato al principio dispositivo, e dunque, anche nel processo tributario. 

Lascia una Risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.